Il trattamento di fine rapporto (tfr) consiste in una somma accantonata mensilmente tramite una trattenuta sullo stipendio, che verrà restituita al lavoratore per intero, al momento della cessazione del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa.In caso di divorzio, l’ex lavoratore ha il dovere di versare all’ex coniuge una quota del tfr in misura del 40% ma in proporzione agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio. Ad esempio, se il tfr ammonta a 1000€ a fronte di 10 anni di versamenti, l’ex coniuge avrà diritto fino a 400 €. Se però il matrimonio è durato solo 6 dei 10 anni durante i quali sono stati effettuati i versamenti (o trattenute), l’ex coniuge dovrà percepire solo 240 €.
Inoltre il diritto a tale percentuale sul ftr da parte dell’ex coniuge, matura solo nel momento in cui questi è già percettore di un assegno divorzile scadenzato, cioè solo se si trova nelle condizioni di cui all’art. 5 della Legge 898 del 1970 (non autosufficiente e che non risulti unito in seconde nozze).
Il diritto alla percezione della quota del tfr da parte del coniuge divorziato viene inoltre a cadere,
nel caso in cui la somma relativa agli alimenti gli sia stata corrisposta in un’unica soluzione;
– qualora il tfr sia maturato prima del perfezionamento del divorzio, il diritto avverrà in giudicato e sarà esposto in sentenza.
Se invece il tfr matura dopo il divorzio, il coniuge interessato dovrà reclamare il proprio diritto tramite istanza in tribunale. Ovviamente tale beneficio gli verrà accordato solo se in condizioni di cui all’art. 5, cioè se percepisce un assegno divorzile periodico e se nel frattempo non è convolato a nuove nozze.
In caso di decesso del coniuge che ha maturato il tfr, la somma relativa rientra nell’asse ereditario e sarà suddivisa fra gli eredi del de cuius (sentenza n. 4867/2006).